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Accesso gratuito alla Giustizia per i reati sessuali

La nostra Corte Costituzionale apre l'anno 2021 con una sentenza che rinnova il sostegno per la difesa dei diritti sessuali.
La nostra Corte Costituzionale apre l'anno 2021 con una sentenza che rinnova il sostegno per la difesa dei diritti sessuali.

La nostra Corte Costituzionale apre l’anno 2021 con una sentenza che rinnova il sostegno per la difesa dei diritti sessuali.

In caso di reati sessuali, tra i quali le violenze sessuali, i maltrattamenti in famiglia, lo stalking, indifferentemente dalla fascia di reddito la persona offesa può accedere alla Giustizia e le sue spese legali saranno direttamente sostenute dallo Stato.

Questa importante prescrizione normativa è stata introdotta, con successive modifiche, nel 2009. L’articolo che la contiene è l’art. 76 comma 4 ter del Testo Unico sulle Spese di Giustizia.

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A tutt’oggi stabilisce che:

La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572, 583-bis, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis, nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto.”.

Quando si legge una norma, soprattutto per i non esperti del settore giuridico le parole scivolano veloci, spesso incomprensibili, sicuramente fredde e superficiali. Ma in realtà ogni norma codifica un segmento di vita.

In questo caso, ognuno di quei numeri elencati, che a leggerli così non dicono niente, ognuno di loro rappresenta un grave reato.

Probabilmente avete scorso il testo senza nemmeno leggere tutto. In realtà quel testo normativo identifica una serie di situazioni drammatiche, piaghe sociali, che purtroppo costituiscono la nostra cronaca nera.

Ecco a cosa si riferiscono quei numeri:

  • Art. 572 codice penale- Maltrattamenti contro familiari o conviventi;
  • Art. 583-bis codice penale- Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;
  • Art. 609 bis codice penale – Violenza sessuale;
  • Art. 609 quater codice penale – Atti sessuali con minorenne;
  • Art. 609 octies codice penale – Violenza sessuale di gruppo;
  • Art. 612 bis codice penale – Atti persecutori.
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Sui minori:

  • Art. 600 codice penale- Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù;
  • Art. 600 bis codice penale – Prostituzione minorile;
  • Art. 600 ter codice penale – Pornografia minorile;
  • Art. 600 quinquies codice penale- Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile;
  • Art. 601 codice penale – Tratta di persone;
  • Art. 602 codice penale – Acquisto e alienazione di schiavi;
  • Art. 609 quinquies codice penale – Corruzione di minorenne;
  • Art. 609 undecies codice penale – Adescamento di minorenni.

Ecco. Già a questa prima decodifica, arriva tutta la pesantezza della legge.

Ci si accorge della forza della sua portata: la legge è apparentemente distante, ma invece cade su ogni realtà, su ogni pezzo di vita che può essere ricondotto a quel fatto descritto.

La norma astratta va poi applicata: per poter agire sul caso concreto serve un processo, un procedimento penale. La vittima deve denunciare, il processo deve instaurarsi.

Dubbi sulla normativa per la difesa dei diritti sessuali

Ora il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Tivoli aveva dei dubbi sulla costituzionalità della prescrizione normativa sopra richiamata. Anche perché, per giurisprudenza costante, la mera possibilità all’ammissione al gratuito patrocinio per i reati ivi indicati è stata interpretata come un’ammissione automatica.

Ma allora, visto anche l’applicazione automatica, la norma viola l’art. 3 della Costituzione?

In effetti, disciplina in modo identico situazioni del tutto eterogenee sotto il profilo economico.

Ancora, si pone in contrasto con l’art. 24, comma 3, della Costituzione?

L’ammissione è indiscriminata e automatica, al beneficio di qualsiasi persona offesa, e questo va a discapito dei conti pubblici.

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Il GIP ha quindi sollevato una questione di legittimità, chiamando la Corte Costituzionale a pronunciarsi.

La Corte nel prendere la sua decisione considera soprattutto la particolare vulnerabilità delle vittime dei reati indicati dalla norma e l’esigenza di garantire al massimo il venire alla luce di tali reati.

Il suo ragionamento emerge nella sentenza:

“Nel nostro ordinamento giuridico, specialmente negli ultimi anni, è stato dato grande spazio a provvedimenti e misure tesi a garantire una risposta più efficace verso i reati contro la libertà e l’autodeterminazione sessuale, considerati di crescente allarme sociale, anche alla luce della maggiore sensibilità culturale e giuridica in materia di violenza contro le donne e i minori”.

“Di qui – prosegue – la volontà di approntare un sistema più efficace per sostenere le vittime, agevolandone il coinvolgimento nell’emersione e nell’accertamento delle condotte penalmente rilevanti”.

Il volto umano e solidale dietro al rigore normativo

Con sentenza n. 1 dell’11 gennaio 2021, la Corte Costituzionale decide.

Non c’è violazione dell’art. 3, tantomeno del 24 della Costituzione.

La norma nella sua applicazione non appare né irragionevole né lesiva del principio di parità di trattamento. Il beneficio non è legato ad una presunzione di non abbienza delle persone offese, piuttosto concerne la loro vulnerabilità.

E non sussiste nemmeno la prospettata violazione dell’art. 24, terzo comma, Cost.: questo articolo non può costituire una preclusione per il legislatore di prevedere strumenti per assicurare l’accesso alla giustizia, pur in difetto della situazione di non abbienza, a presidio di altri valori costituzionalmente rilevanti, come quelli in esame.

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Difendere i diritti vuol dire non soltanto prevedere norme che li rappresentano, e che creano un sistema per difenderli. A questo basilare impianto teorico e procedurale, serve poi una manifestazione effettiva, che comprende anche la reale possibilità di accedere alla giustizia per far valere il diritto leso.

La nostra Corte Costituzionale con questa sentenza mantiene la possibilità di “offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità”.

A seguito della pronuncia della Corte Costituzionale, l’art. 76, comma 4-ter, d.P.R. n. 115 del 2002, laddove dispone l’ammissione automatica al patrocinio a spese dello Stato delle persone offese dei delitti ivi previsti a prescindere dai limiti di reddito, è salvo.

Così come è salva la possibilità, l’occasione di giustizia che custodisce tra le sue fredde righe.

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