Telegram, Instagram, TikTok, aggiungerei pure Tellonym, un’altra piattaforma social sempre più diffusa tra i giovanissimi.
Per chi non la conoscesse è un nuovo strumento comunicativo attraverso il quale si possono fare domande e anche dare risposte mantenendo completamente il proprio anonimato.
Si diventa sempre più irrintracciabili, creando un gioco sempre più pericoloso.
Sento alcuni adolescenti a riguardo e mi dicono:
“é un bel modo per farmi i fatti degli altri”.

Poi leggo l’ennesimo episodio di rissa tra giovanissimi che, non solo si danno appuntamento via social in una delle piazze più importanti di Roma, ma fanno a cazzotti per futili motivi.
Sui social sono stati decisi orario e luogo dell’appuntamento, sulla piattaforma si postano video in diretta e tutti i commenti degli eventi. In pochissimo tempo le visualizzazioni incalzano così come pugni, schiaffi e calci .
La polizia certo interviene a sedare la rissa, ma ormai il turbine social è partito. E quello non lo ferma più nessuno.
Piace e soprattutto dà libero sfogo all’insicurezza tipica adolescenziale che sembra non avere alcuna soluzione.
“Sono ragazzi, è un’età difficile. Passerà “.
Affermazioni scontate e, a mio parere, superficiali.
Di passare passa, ma dipende in che modalità.
Genitori, adolescenti e social
Pensare di continuare a fare da spettatori ad uno show così deprimente, non mi rincuora affatto.
Da genitore mi metto in discussione.
Da sociologa provo a delineare un’analisi strutturale della relazione sociale così compromessa da questo terribile periodo.
Il problema è insito proprio nella futura generazione appannata dal desiderio incontrollabile di trasgredire regole e restrizioni, ancor più oggi, in una fase di semi lockdown dove l’insofferenza regna; dove ogni relazione sociale è annientata dal covid; dove la voglia di appartenere ad un gruppo di pari, come segno di riconoscimento sociale, è irrefrenabile.
I social media non soddisfano al 100%, serve sempre poi un confronto diretto. Ecco che si usa qualunque mezzo: dai social si passa alle mani.
Colpa dei genitori che non seguono i propri figli?
È vero. È difficile, se non impossibile, relazionarsi con i propri figli con il dialogo.
Si preferisce tante volte lasciar perdere, non insistere, perché si pensa di cadere in un fallimento certo.
Non si prova, non si tenta.

In una società così frenetica e impalpabile nella sua sostanza, il tempo fugge e la forza di instaurare il rapporto di fiducia e di comunicazione con i propri figli viene meno.
Vige l’egoismo in entrambe le direzioni. L’adulto non vuole impicci, l’adolescente non si sente capito.
Morale della favola: si cercano alternative al mancato rapporto con i propri superiori.
Ed ecco che si cercano nuovi stimoli.
Da qui nasce l’esigenza di trasgredire, emergere in qualche maniera e, laddove una folla permette anche ai più timidi di identificarsi in questo modello insofferente, ecco che il raduno cercato via social e condiviso in tutti i suoi attimi rappresenta un ottimo modo per poter vivere in socialità.
Anche il menarsi rappresenta un modo, seppur sbagliato, di contatto sociale.
E per un adolescente, non abituato a dialogo e relazione, diventa la sua normalità.
I social fanno il resto.
E il Covid non ferma nessuno.