Donna o leader?
Mi chiedo: perché entrambi no?!
Negli ultimi anni l’impresa ha subito evoluzioni importanti e si parla molto di leadership femminile come modello efficace di conduzione aziendale.
Perché? Perché i “capi” autoritari non piacciono (più) a nessuno. Le direttive e gli ordini stanno stretti e le persone vogliono essere accettate, comprese e accolte per quelle che sono.
È un momento storico di evoluzione.
È un periodo in cui tutti vogliamo emergere, tutti vogliamo essere valorizzati.
E le donne in questo, hanno un talento naturale.
L’energia maschile è immersa nella competizione, nella direzione e nell’ azione concreta.
Quella femminile è sinonimo di accoglienza, condivisione, creatività ed eleganza.
È aperta a più possibilità.
Cosa significa questo?
Significa che ogni essere umano ha all’interno queste due energie che si mescolano e una delle due, di solito, predomina.
Fino ad oggi l’energia maschile nel mondo del business ha fatto da padrona: le figure più attrattive erano proprio quelle direttive, autoritarie, stile “The Wolf di Wall street”.
Guarda attentamente quel film, Leonardo di Caprio interpreta in maniera totale un modello di Leadership maschile al 100%.
E, a prescindere dal sesso, lo stile di guida aziendale fino a qualche anno fa era improntato sul modello “maschile”.
Fino ad ora anche le donne si sono adeguate a questo stile di leadership, snaturando spesso la loro identità sessuale.
In questo momento specifico, in cui informazioni e opportunità sono ampie e accessibili, un imprenditore o una imprenditrice fanno fatica a “comandare”.
Fanno fatica ad imporsi, proprio perché le persone sono più consapevoli, proattive e libere di scegliere.
Ecco perché si parla di un nuovo modello a cui ispirarsi: la leadership femminile è una forma di guida che potenzia e sviluppa i talenti e le risorse interne di ciascuno, cercando di “trovare” il posto giusto e la giusta mansione a chi lavora senza denigrare o forzare i collaboratori a cambiare e adeguarsi.
Di cosa stiamo discutendo allora?
Parlo di posizioni e ruoli professionali paritari.
Parlo di meritocrazia oggettiva (mentre adesso le donne devono avere più competenze e uno standard più elevato per battere la concorrenza maschile, come evidenziato in un recente articolo della Harvard Business Review Press, a cura di T. Chamorro-Premuzic).
Sogno un mondo aziendale in cui dai corridoi risuonino i tacchi della creatività e i colleghi si girano a guardare il tailleur della professionalità, poiché valorizza le forme di una donna in carriera per la sua determinazione e intelligenza.
Senza scuse e senza allusioni.
E se “ il carattere è il codice dell’anima“ (James Hillman) forse dovremmo parlare solo di “anime”, di persone, di individui, senza battute e stereotipi ormai obsoleti nel 2020.