Oggi poteva essere un giorno diverso, poteva essere un giorno più pacifico, poteva essere un giorno più umano e invece oggi è l’ennesimo giorno in cui davanti a cose che non si capiscono prima si spara sotto stress e poi si cerca di capire!
Non è mai una persona sola a morire, mai.
Serie tv Bones
Ad ogni sparo moriamo tutti un pò.

Nello Utah, Linden Cameron, un ragazzo di 13 anni autistico in preda a crisi e spasmi, è stato ferito ripetutamente dai proiettili della polizia. Non voglio entrare dentro il dibattito sulla violenza della polizia americana, perché non è questo il modo per cambiare le cose; dobbiamo cercare di comprendere cosa passi dentro a quei poliziotti per trovare soluzioni alternative che non prevedano l’uso della forza.
Leggendo la storia di Linden, quello che mi ha colpito è stato il susseguirsi degli eventi che ci raccontano “errori” che potevano essere evitati:
La madre rientra in casa e trova il figlio autistico in preda a crisi molto forti e chiama la polizia
Perché la madre ha chiamato la polizia e non l’ospedale? un ragazzo autistico è un ragazzo con una malattia, quindi deve essere curato non NEUTRALIZZATO.
Quando arrivano i poliziotti, davanti alle condizioni del ragazzo gli intimano di sdraiarsi sul pavimento
Una crisi autistica, se grave, può essere molto impressionante. Per questo esistono operatori sanitari istruiti su come meglio aiutare chi ne soffre. Una persona in quelle condizioni non è in grado di riconoscere la realtà che lo circonda e sicuramente non è in grado di seguire un ordine urlato da sconosciuti.
Dopo alcuni minuti visto che il ragazzo non rispondeva alle richieste, i poliziotti gli sparano varie volte
il più classico degli esempi di come il panico e la paura sono in grado di offuscare la ragione. Davanti ad una persona in crisi che non risponde agli ordini l’unica soluzione che hanno trovato i poliziotti è stata quella di sparare per sedare.
Mi chiedo come sarebbe andata questa triste storia se al posto o insieme ai poliziotti ci fossero stati dei paramedici; forse addestrare le forze di polizia nel riconoscere e nel saper aiutare le persone in difficoltà avrebbe prodotto effetti diversi.
Mi domando anche se questi poliziotti sono aiutati a gestire tutto lo stress che vivono quotidianamente, perché non dobbiamo nasconderci dietro un dito, ogni essere umano messo sotto costante stress prima o poi esplode.

L’eustress (lo stress positivo) è un’attivazione che ci serve per muoverci e raggiungere i nostri obiettivi quotidiani; la sua struttura è funzionale, perché dopo che si attiva e ci da l’energia necessaria, inizia la fase di rilassamento con la quale lo stress sparisce dal nostro corpo.
Se però viviamo in contesti nei quali non riusciamo a rilasciare questa forza rischiamo di trasformare l’eustress in distress (lo stress negativo) cioè un’attivazione continua che compromette le nostre capacità cognitive e che ci spinge a comportamenti reattivi. Se poi viviamo in contesti dove per giorni e mesi siamo costantemente sotto questa attivazione negativa i risultati sono, purtroppo, pericolosi per noi e per gli altri.
Questa breve analisi non vuole essere una giustificazione a determinati comportamenti violenti, ma vuole essere un monito per il futuro. Se le istituzioni non daranno ai propri cittadini gli strumenti necessari a gestire il proprio stress avremo sempre più spesso persone che vivono come bombe ad orologeria pronte ad esplodere.

A mio avviso la strada che dobbiamo seguire è quella di costruire programmi di supporto e aiuto per tutte le persone che sono soggette a forti stress, dando loro i mezzi necessari per aiutare sé stessi e gli altri, per non diventare per l’ennesima volta parte del problema.
Non lamentiamoci della mancanza di giustizia finché abbiamo armi, e finché siamo liberi di usarle.
F. Herbert