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COMUNICARE

Comunicare non è una semplice trasmissione di contenuti, ma un patrimonio per la costruzione di discussione, sapere e cultura.
Comunicare non è una semplice trasmissione di contenuti, ma un patrimonio per la costruzione di discussione, sapere e cultura.

COMUNICARE: dal latino communicare, mettere in comune, e composto da cum = insieme e munis = incarico, dovere, funzione; questa parola suggerisce che nel comunicare noi compiamo un nostro dovere con agli altri.

Comunicare, allora, non è una semplice trasmissione di dati, di pensieri o di contenuti: che sia una trasmissione vocale, scritta o gestuale, la comunicazione, quando arriva a destinazione, diventa patrimonio comune per la costruzione di una discussione, di un sapere, di una cultura. 

Questo, deve renderci consapevoli dell’importanza di avere una comunicazione il più possibile chiara e consapevole verso chi la riceverà e la processerà.

comunicare

Alfred Korzybski, il filosofo e matematico polacco che ha inventato la frase “la mappa non è il territorio”, osserva come ci siano molte meno parole e concetti di quante siano le esperienze possibili; questo è ciò che, secondo lui, determina la confusione e l’incomprensione in un incontro tra due persone: succede molto spesso che le nostre parole vengano travisate o creino situazioni che non ci aspettavamo. 

Questo è dovuto ad una serie di ragioni: lo stato emotivo di chi invia il messaggio o di chi lo riceve, l’intento inconsapevole della comunicazione, la volontà di non essere chiari.

Tutto questo rende confuso il messaggio a chi lo riceve e stimola una risposta che non sempre è quella che ci si aspettava.

Ma come è possibile che i nostri messaggi non siano chiari o che vengano travisati?

Noi non comunichiamo mai a caso; abbiamo sempre un obiettivo. 

Quello che a volte ci sfugge, è che il nostro obiettivo non è sempre quello dettato dalla nostra parte razionale, ma può essere dettato dai bisogni della nostra parte inconscia di cui non sempre siamo consapevoli.

Succede di dire una cosa e di pensarne un’altra: le convenzioni sociali ci impongono spesso delle regole nella comunicazione che i nostri bisogni preferirebbero non seguire ma a cui ci sentiamo obbligati ad obbedire.

Oppure, quante volte, per paura o per convenienza, abbiamo detto cose che non pensavamo?

Quanto eravamo consapevoli di questi conflitti dentro di noi?  A causa di questo, come è arrivata la nostra comunicazione ai nostri interlocutori?

In realtà, se eravate convinti di aver fatto capire quello che volevate che gli altri capissero, siete per una buona parte in errore: i nostri interlocutori, che ci conoscano o no, hanno spesso molto più chiaro di noi il vero senso della nostra comunicazione e le sue ragioni.

Questo è dovuto ad un fatto oramai molto conosciuto, ovvero che la comunicazione è di due tipi:

  • comunicazione verbale
  • comunicazione non verbale

Comunicare consapevolmente

La comunicazione verbale sono la parole e le frasi che noi diciamo.

La comunicazione non verbale, è composta da come diciamo quelle parole, dal tono della nostra voce e da come il nostro corpo sottolinea involontariamente le parole che diciamo.

Questo vuol dire che noi abbiamo chiaro quello diciamo (e anche qui, non è sempre vero), ma spesso siamo inconsapevoli di come lo diciamo; mentre i nostri interlocutori, ascoltano le nostre parole, e vedono come le stiamo dicendo. 

comunicare

Se dite alla vostra ragazza che le volete bene e senza accorgervene scuotete la testa, la vostra ragazza vi sente dire che l’amate e vede la vostra testa che sta dicendo che non è vero.

Se dite “va tutto bene”, ma avete gli occhi fuori dalle orbite, a cosa dobbiamo credere? 

Ma la comunicazione è una delle più utili e belle invenzioni dell’uomo. Grazie a lei, abbiamo imparato a trasmettere storie, invenzioni, strategie. 

E tra noi, questa stessa comunicazione così piena di trabocchetti, è ciò che ci da da sempre la possibilità di dirci delle cose belle, di confortarci, di motivarci.

Grazie ad un messaggio sul cellulare, noi possiamo tramutare le cose scritte nella voce del nostro amato, di nostra madre, dei nostri amici, e possiamo rivedere i loro gesti, e addirittura, risentire l’odore del loro profumo, e riprovare il gusto del gelato mangiato insieme. La comunicazione può far ricordare, inventare, sognare.

Come esseri umani abbiamo una responsabilità: decidere come usare questa possibilità.

Perché la comunicazione, proprio perché inevitabilmente collegata agli altri, è ciò che può far nascere un amore, ma lo può anche far morire.

Per una comunicazione consapevole, dobbiamo porci alcune domande, o meglio, farle nostre preliminarmente:

Cosa voglio comunicare?

Perché voglio comunicarlo? Qual è il mio obiettivo?

Qual è l’emozione che provo in questo momento?

Tenendo conto della persona con cui voglio comunicare e dell’emozione che provo, è davvero importante che io dica quello che voglio dire?

Come la prenderà? E’ questo che voglio che lei provi?

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Forse la sto facendo difficile, ma quante volte abbiamo detto delle cose che non avremmo voluto dire? 

Verba volant? 

Per niente, restano dentro di noi come macigni.

Che siano allora delle belle pietre su cui costruire.

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