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Bullismo formato ragazzi

Qualche giorno fa, in pieno centro a Firenze, una colonna di fuoco ci ha fatto tenere il fiato sospeso, la paura ha preso il sopravvento e abbiamo iniziato a fare congetture su cosa fosse successo. Più le fiamme lasciavano spazio al fumo dei motorini distrutti, più le prime notizie sui presunti autori venivano a galla e con sommo sgomento ci siamo accorti che gli autori non assomigliavano per nulla a quelli prodotti dalle nostre paure.
Qualche giorno fa, in pieno centro a Firenze, una colonna di fuoco ci ha fatto tenere il fiato sospeso, la paura ha preso il sopravvento e abbiamo iniziato a fare congetture su cosa fosse successo. Più le fiamme lasciavano spazio al fumo dei motorini distrutti, più le prime notizie sui presunti autori venivano a galla e con sommo sgomento ci siamo accorti che gli autori non assomigliavano per nulla a quelli prodotti dalle nostre paure.

Il bullismo è sempre stato un problema centrale nel contesto educativo.
Quando parliamo di bullismo non dobbiamo analizzare solamente i comportamenti critici che possono avvenire nel contesto scolastico. Con bullismo intendiamo anche tutti quei comportamenti che hanno una struttura violenta e che vengono attuati con una mancanza di empatia verso i possibili effetti.

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Qualche giorno fa, in pieno centro a Firenze, una colonna di fuoco ci ha fatto tenere il fiato sospeso, la paura ha preso il sopravvento e abbiamo iniziato a fare congetture su cosa fosse successo. Raramente ho visto motorini bruciare per autocombustione, quindi dietro quelle fiamme sicuramente ci sarà stato qualcuno.

Più le fiamme lasciavano spazio al fumo dei motorini distrutti, più le prime notizie sui presunti autori venivano a galla e con sommo sgomento ci siamo accorti che gli autori non assomigliavano per nulla a quelli prodotti dalle nostre paure.

Sì perché gli autori di questo atto di bullismo (di bullismo si tratta e poi vi spiegherò perché), sono dei ragazzini di 13 anni che nel nostro immaginario dovrebbero essere a giocare con un pallone nel prato o davanti ad una console. 

Invece erano intenti a lanciare (da quello che è emerso dalle prime ricostruzioni) bottiglie incendiarie verso una fila di motorini.

In meno di un giorno ecco che sui giornali inizia la gogna mediatica che, per fare audience, indica i bambini (perché di bambini si tratta) come degli efferati criminali e senza concentrarsi sulle motivazioni che hanno portato al folle gesto. 

È troppo semplice bollare un comportamento come “malvagio” o “cattivo”.

Quando usiamo questa categorizzazione mentale ci mettiamo in uno stato psicofisico che ci fa sentire con la coscienza a posto e che non prevede un’analisi attenta per comprendere l’intenzione dietro al gesto.

Quello a cui abbiamo assistito è un atto di bullismo bello e buono. Un atto compiuto da ragazzi. Un atto sicuramente da condannare duramente, ma anche un atto che va compreso per evitare che si ripeta.

Il bullismo è caratterizzato da una noncuranza rispetto alle conseguenza del gesto.

Un bullo a scuola picchia o umilia un compagno senza pensare agli affetti che il suo comportamento potrebbe avere. Potremmo dire che in quel contesto manca di empatia, che non è altro che la capacità di comprendere le emozioni degli altri e valutarle rispetto ai propri comportamenti. 

Ma il bullismo è un concetto che esce dalle scuole e si insinua dentro la nostra vita quotidiana.

Bullismo è il capo che paga poco gli operai: “se vuoi lavorare queste sono le regole”.

Bullo è l’uomo che umilia una donna perché“non ha preparato la cena”.

Bullismo sono tutti i comportamenti che sono volti ad umiliare verbalmente o fisicamente qualcun’altro con la consapevolezza che non saremo puniti per il nostro gesto.

Una gratificazione momentanea (e sbagliata!)

Quindi, il bullismo si caratterizza da gesti empaticamente vuoti, che mancano di un vero scopo se non quello di un momentaneo e frugale senso di onnipotenza e gratificazione. 

Ieri nel centro di firenze abbiamo assistito esattamente ad un comportamento simile: un gesto fatto per una ricompensa momentanea. Ricompensa data probabilmente dall’euforia o dal sentirsi come i propri riferimenti della televisione. Ricompensa che, quando è sparita, ha lasciato dietro di sé solo il vuoto della paura per la follia fatta.

Se vogliamo evitare che gesti come questo continuino a manifestarsi nelle nostre città dobbiamo iniziare seriamente a pensare ad un’educazione diversa.
Un’educazione che abbia come punto focale l’intelligenza emotiva e lo sviluppo dell’empatia, per aiutare questi bambini a crescere consapevoli dei propri comportamenti.

Il bullismo si combatte, non con lo scontro, ma con l’ascolto, perché se questi ragazzi avessero avuto la possibilità di essere ascoltati, forse, non avrebbero compiuto quel gesto. 

Per far questo dobbiamo pretendere che dentro le scuole si inizi seriamente a parlare di intelligenza emotiva. Le materie scolastiche sono fondamentali, ma senza la crescita relazionale continueremo a produrre ragazzi bravi in italiano ma incapaci di esprimere le loro emozioni, refrattari alle regole e attratti dall’idea di poter fare tutto quello che vogliono, senza nessuna conseguenza.

Michele Quadernucci
Laureato in Sviluppo economico, Cooperazione internazionale e Gestione dei conflitti presso l’Università degli Studi di Firenze, ha ampliato le sue competenze con un diploma triennale di Counseling psicosomatico ad indirizzo comunicativo, olistico, integrato. Ha proseguito le sue formazioni nel campo della formazione e del benessere ottenendo l’Internazional NLP Coaching Certification di Grinder, Bostic e Frausin e diventando formatore nell’uso delle LifeSkills. Lavora per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nel contesto educativo e formativo, usando la gestione dello stress e delle emozioni come base per una didattica innovativa; negli anni ha sviluppato modelli di lavoro sulle emozioni e sulla didattica legati alle LifeSkills e all’intelligenza emotiva, che permettono di ottenere risultati eccellenti, ecologici e ripetibili.