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Il dubbio come incipit di un cambiamento

Abbiano bisogno di percorrere la strada del cambiamento e di reagire per poter costruire un futuro florido per i nostri figli.
Abbiano bisogno di percorrere la strada del cambiamento e di reagire per poter costruire un futuro florido per i nostri figli.

In questo ultimo periodo ho letto diversi scritti sul cambiamento ma uno dei più significativi per me è stato “Cambiamo strada” di Edgar Morin.

Le parole del filosofo sono per me di grande ispirazione perché a 99 anni ha ancora uno spirito forte e lucido che è di grande suggestione e spunto per tutti noi.

Il libro ci sprona al cambiamento e ad imparare dalla pandemia in modo da creare un futuro che, nonostante sia oggi imprevedibile, è oggi stesso in gestazione.

Non abbiamo tempo per rimandare, dobbiamo fare ora, in questo momento, tentando il più possibile di garantire per il futuro una rigenerazione politica, la protezione dell’ambiente e l’umanizzazione della società.

Il cambiamento può fare paura

Caspita… non è roba da poco….

Di sicuro conosco persone che non hanno ancora raggiunto i 40 che hanno una paura tremenda di cambiare strada o che sono totalmente disillusi o che credono non sia la soluzione giusta.

Di sicuro di questa generazione faccio parte anche io che, come adulta in questo periodo nefasto, ho una responsabilità verso me stessa e verso i nostri figli.

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Come possiamo credere di garantire un futuro per i più giovani se noi per primi abbiamo paura di affrontarlo?

Quale aspettativa creiamo nei ragazzi che ci guardano per capire quale strada prendere?

Certo che abbiamo paura! Certo che la fragilità e l’incertezza di ciò che verrà dopo ci accompagna ogni giorno. Ma se noi siamo in questa situazione come staranno i ragazzi, i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti?

Questo è il dubbio e la domanda che mi pervade.

Siamo pronti per il cambiamento?

Pensavo in questi giorni che la pandemia di Corona Virus è la prima catastrofe mondiale che ci troviamo ad affrontare in questa parte di mondo dopo un periodo relativamente lungo di pace, benessere e relativa stabilità.

Senza sminuire la crisi o le difficoltà sociali e politiche di questi ultimi anni la situazione attuale è a dir poco inedita.

La cosa prevedibile è che l’imprevedibile prima o poi accade nel corso della vita di ognuno di noi e che questo è in qualche modo fisiologico.

Dovremmo perciò essere pronti, giusto?

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Dovremmo avere strumenti e capacità che ci permettano di affrontare l’ignoto ad occhi chiusi, vero?

Eppure la sensazione è che quasi più del virus ci spaventi l’imprevedibile, l’incerto, la fragilità.

Forse ciò che serve è in fondo alla borsa degli attrezzi, in un angolo remoto, sotto tutto il resto.

Dobbiamo cercarlo con fatica, ma è lì da qualche parte, sotto strati e strati di confortevoli abitudini consolidate, rassicuranti consuetudini, consolidate convenzioni.

Tuttavia il nostro cervello è programmato per gestire l’imprevisto, per ripensare il conosciuto e per rigenerare il passato.

Il dubbio è: siamo pronti per questo?

Crediamo che sia la strada giusta?

Partirei da una piccola domanda concreta: il mattino quando uscivamo di casa per andare in ufficio, cambiavamo percorso ogni giorno o prendevamo sempre e solo la stessa strada?

È inutile dire che le nostre abitudini ci proteggono. Ma questa è una pandemia mondiale!

Sarà riuscita a scuoterci per bene? Sarà riuscita a farci aprire gli occhi e farci uscire dalla caverna?

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Credo che dobbiamo farlo con tutte le nostre forze e le nostre capacità per poter creare un futuro appetibile per le generazioni giovani, per dare loro una prospettiva desiderabile di ciò che li aspetta.

Bisogna creare in loro il desiderio di crescere in questo mondo anche se in questo momento non lo consideriamo il migliore dei mondi possibili.

Il rischio è davvero il crearsi piccoli micro cosmi da cameretta con tutte le comodità possibili e immaginabili a portata di mano: dalla poltrona ergonomica al mondo a portata di clic.

Sento in modo urgente questo compito verso le generazioni più giovani ma credo anche che sia un compito ardito e non semplice.

Cambiare il presente per un futuro migliore

Da qualche parte bisognerà pur partire… continuo a ripetermi… e a pensarci bene credo che la creatività sia l’unica via possibile.

Dobbiamo rompere le nostre abitudini, gli schemi usuali, immaginare scenari diversi dove anche noi siamo altri da noi stessi.

Non credo sia utopia, credo sia un dovere.

Chi mai avrebbe immaginato di poter lavorare e fare riunioni dal salotto, oppure seguire le lezioni dalla camera da letto, eppure ci siamo abituati a questo e a ben altro.

Le lezioni che mi ha riservato questo periodo sono innumerevoli, prima fra tutte la sensazione di poter controllare molto poco della mia vita, o se non altro meno di quanto pensassi.

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Mi ha dato la consapevolezza della mia vulnerabilità, della mia fragilità. Mi ha regalato la sensazione di essere incapace di organizzare in un modo orientato la mia famiglia e il mio lavoro (non devo descrivere a nessuno la fatica della smart – working e della Dad in contemporanea).

Eppure ho reagito, come tutti, o almeno ci ho provato e riprovato anche se non ho ancora raggiunto risultati brillanti sono fiera della strada che ho percorso durante questo anno.

Tutto ciò mi fa credere di essere in grado di resistere a tutto e di potermi rialzare, di poter ripensare la mia vita e il mio futuro.

Quali sono le cose che ancora oggi non ho saputo affrontare?

Ne ho una lista infinita, come credo anche chi stia leggendo, ma questo non mi spaventa, anzi mi proietta nel mio cambiamento.

Il resto è storia, il resto lo costruiremo. E non vedo l’ora di guardarmi indietro e di vedere cosa abbiamo lasciato ai posteri.

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