fbpx

Violenza: Io e Te, non sei mai stata sola

I centri anti violenza sono luoghi fisici, emotivi e di relazioni in cui poter muovere i primi passi e non sentirsi soli.
I centri anti violenza sono luoghi fisici, emotivi e di relazioni in cui poter muovere i primi passi e non sentirsi soli.

Svolgo volontariato presso un centro anti violenza.

Ho letto un annuncio pubblicato dal sito del mio comune e ho pensato: “vorrei provare ad esserci”.

violenza

Venivo da una tesi di Laurea Magistrale dove avevo parlato del tema. Ma si sa che parlarne è diverso dal viverlo e il coinvolgimento è diverso.

Davanti ad un foglio non rispondi a sentimenti (dell’altro e dei tuoi), non vengono toccati i tuoi stereotipi, pregiudizi e retaggi culturali come un incontro reale con un altro essere umano.

Sentivo quel “movimento interno” che spinge ognuno di noi a porsi davanti a delle situazioni che sconvolgono i nostri equilibri e i nostri cuori.

Le domande erano molte:

Sarò in grando di rispondere adeguatamente a una persona che chiama e mi parla della sua storia costellata di violenza?

Cosa sentiro? Risucirò a dare la risposta Giusta all’altro?

Ho fatto un corso propedeutico per comprendere il ruolo di una volontaria all’interno di un centro anti violenza.

Le potenzialità, i rischi, i coinvolgimenti e i limiti che devi mettere.

La dinamica tra maltrattante e vittima e i confini sfumati che ci sono tra i due.

Un corso con altre donne che hanno sentito la stessa spinta e che volevano fare quel minimo di differenza in un mondo costellato di violenza e di prevaricazione.

Ho deciso di affacciarmi a questo tipo di violenza effettuata dagli uomini verso le donne.

La violenza è violenza

“Si agisce violenza quando uno dei due ha intenzione di nuocere l’altro, sia fisicamente che psicologicamente per ottenere il controllo negando l’autonomia dell’altro.

Che sia:

uomini verso le donne, padri verso madri;

padri verso figli, figli verso i genitori, figli verso altri figli.

La violenza è violenza”

violenza

La lista potrebbe continuare ma non sono qui per parlare di liste o per fare la lezione accademica su cosa è violenza e cosa non lo è o sull’ elencare i “Grandi perché” della violenza.

Ci sono ancora messaggi mediatici dove vengono usate frasi fuorvianti e pericolose per la costruzione di una coscienza collettiva dell’evento violento e sulla responsabilità : ” … reagito per gelosia…”, “dopo una brutta lite…” , “non accettava di essere lasciato…” o “in un raptus…”

Come se la persona avesse contribuito al suo stato.

Come se la violenza potesse essere inserita in un casellario di causa-effetto.

In verità tutto può essere come non.

Logica causa-effetto

Stare in una logica causa-effetto è molto pericoloso perché si va a perdere il senso e la storia delle persone che si affacciano a te e alla complessità dietro ogni situazione.

Non è detto che una storia passata violenta possa portare a un elevato fattore di rischio. Ci sono più fattori che possono influire (famiglia di origine, società, cultura, risorse esterne e risorse interne).

Non è detto che la gelosia porti violenza, che una lite porti violenza.

Non è detto che la fine di una storia porti a conseguenze violente.

La violenza ha molti volti e molte cause e non possiamo perdere il lato umano e la complessità che si trova in ognuno di noi.

Parlarne però è difficile perché va a toccare “noi” come individui e come appartenenti a una società fatta di tabù, cultura, spinte evolutive, relazioni ed equilibri sociali e tanto altro.

All’interno del quadero frasi come: “eh se l’è cercata…”, “poteva lasciarlo prima…”, “che tipo di donna sarà che si è tovata un uomo del genere…”, “che madre degenera che deve essere…”, “ma come ha potuto…”

Parole del genere sono una “violenza nella violenza” e possono essere fatte da tutti, sia uomini e donne che sentono il bisogno di dare un senso o una parola a quando sensi e parole non se ne trovano.

Ed è questo che nel centro anti violenza cerchiamo di fare.

Se lavori in un centro anti violenza è essensiale “esserci”

Dare aiuto significa ricevere emozioni, accogliere empaticamente e attivare le risposte.

Ciò che dice e ciò che non dice nel silenzio.

Tenere conto della situazione che cerca di essere definita in modo oggettivo, comprendere quali problemi mi sta riportando ( se ci sono minori coinvolti o se c’è un pericolo di vita), che implicazioni ci sono approfondendo i vissuti emotivi, risentimenti per capire se la donna sarà in grado di affrontare la situazione e se ha bisogno di supporto con colloqui specialistici (psicologo, avvocato, assistente sociale, educatore) e, infine, le risposte date alla donna che chiama attraverso la rielaborazione di contenuti ed emotivaper poter dare le giuste risposte.

violenza

Perché una donna che chiama fa “un passo” ma la strada davanti a lei (e dei figli se presenti) sarà lunga e i momenti di smarrimento, paura, ragionamenti, dubbi, sensi di colpa saranno molti nel percorso che la porteranno nell’uscita reale della situazione violenta.

Ci sono diverse figure pronte ad aiutarla e ad accompagnarla nel viaggio, non si potranno sostituire a lei, ma sarrano presenti al suo fianco.

Per lei e con lei per farla sentire che in quel luogo può “esserci” e, in base alla storia che ci verrà affidata, coinvolgeremo altri contesti, ricorse, opportunità e con cura portremo avanti ciò che ci è stato affidato.

ARTICOLI SUGGERITI

Le dieci regole della salute

[Parole: 2355]

In questo ebook troverete dieci semplici regole per vivere in salute. In quanto “adattativa...

1.80
In offerta!
Best Seller

Comunicare Efficace-Mente

[Parole: 2442]

In questa breve guida imparerai come farlo al meglio e comprendere questo potente strumento di c...

0.00

Identi-Kit

[Parole: 1549]

L’autostima è il valore che ti dai. La qualità e quantità di apprezzamenti con cui, attraver...

1.35