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Le donne non hanno super poteri

Una riflessione sugli stereotipi che girano su noi donne perché essere sé stesse ed esprimersi liberamente è qualcosa di molto più complicato di quello che ci immaginiamo.
Una riflessione sugli stereotipi che girano su noi donne perché essere sé stesse ed esprimersi liberamente è qualcosa di molto più complicato di quello che ci immaginiamo.

Una riflessione sugli stereotipi che girano su noi donne.

Come counselor mi trovo spesso a ripetere ai miei clienti la frase “sii te stesso” e ancora più spesso mi trovo ad invitarli a non conformarsi alle aspettative sociali ma di costruirsi una loro propria dimensione di ruolo oltre che di identità.

Essere sé stesse ed esprimersi liberamente è qualcosa di molto più complicato di quello che ci immaginiamo.

Uno degli stereotipi che le donne affrontano è quello che possiamo riassumere come “se governassero le donne il mondo andrebbe meglio”.

L’8 Marzo mi sono trovata a riflettere su questo e alla fine ho concluso che “No grazie io non ci casco”.

Questo stereotipo in apparenza meraviglioso ci tiene vincolate a un “dover essere”, ad aspettative sociali e a credenze assolutamente limitanti e assolutamente sessiste.

Siamo donne senza superpoteri

Io, dunque, rivendico il mio diritto a non dover essere brava, migliore, salvatrice o guaritrice di nessun mondo e, ancor meno, di nessun uomo.

Molte donne che entrano nel mio studio, specie se cisgender, credono che, in quanto donne, debbano avere una sorta di super poteri che le convalidano, che le rendono degne della loro presenza e dei loro diritti sociali.

“Sa in fondo noi donne siamo multitasking”.

“Sa dottoressa io ho cresciuto tre figli maschi tutti bravi che sanno cucinare e stirare e nel frattempo ho fatto anche carriera”

“Beh, sa il mio capo è un idiota ma con un sorrisetto si calma e posso dire la mia. In fondo, come tutte le donne, sono istintivamente paziente “.

E potrei continuare.

Ovviamente all’essere multitasking segue il surmenage psicofisico, alla frenesia di madre in carriera seguono il calo della consapevolezza corporea e del piacere e a forza di sorrisetti e pazienza la rabbia repressa se ne esce con cefalee ingestibili.

Il mio lavoro inizia con la destrutturazione di queste credenze e la contemporanea costruzione di che cosa loro voglio davvero essere, rappresentare ed esprimere.

Molte donne non vogliono affatto essere multitasking, molte non ci son neppure portate.

Molte donne non vogliono assolutamente fare carriera mentre altre non vogliono fare le madri.

Non dover dimostrare niente a nessuno

Molte donne non vogliono dimostrare nulla a nessuno ma se non lo fanno pensano di perdere quella fetta di diritti, libertà, credibilità, stima, rispetto che si son conquistate.

E a volte è così.

Lo sarà sempre fino a che perpetueremo lo stereotipo, o meglio gli stereotipi, che ci vogliono meglio degli uomini, più coraggiose anche se più dolci, più propense alla cura ma leonesse che proteggono la cucciolata, intelligenti ma più umili e via dicendo.

Ci sono donne intelligentissime e altre no, ci sono donne accudenti e altre fredde come il polo Sud, ci sono donne multitasking e donne che si perdono facendo una cosa per volta, ci sono donne simpatiche e antipatiche ci sono donne che curano e donne che combattono, ci sono donne che vogliono essere madri e donne che vogliono essere presidentesse di multinazionali.

Il diritto di essere sé stesse

Il diritto di essere sé stessE

Nel counseling lavoriamo proprio su questo.

Quando parliamo di risorse, talenti e mission non parliamo di “salvare il mondo”. 

Un talento sta nell’ abilità a progettare un reattore nucleare così come a sapere quando seminare un campo.

Una risorsa emotiva può essere il coraggio ma anche la rabbia.

E la mission non è “portare la lieta novella nel mondo”. Più semplicemente può essere catalogare i libri della biblioteca del mio paesino perché siano di più facile accesso.

Questo vale per ogni persona al di là delle identità.

Non è che se sono donna devo ambire a elevarmi di più di un uomo.

Questo significherebbe alimentare un irrealista immagine di sé voluta da altri siano essi società o famiglia, amici o amanti.

Per cui forse è il momento di fare in modo collettivo e individuale uno sforzo per dire un bel “No” a chi ci descrive forti e coraggiose, delicate e accudenti, chi fa di noi le dee che tengono saldi gli uomini.

Non è nostro compito essere coraggiose se non lo siamo o delicate se siamo rudi. 

Non è nostro compito tenere saldo nessuno, tranne noi stesse.

Mentre rivendichiamo i diritti che ci spettano in quanto persone che vivono su questa terra incominciamo a rivendicare anche il nostro diritto a essere, come gli uomini, incoerenti, imperfette, fallaci e stronze.

Ricordiamoci che Ute Ehrhardt nel 1994 intitolava il suo libro “Le brave ragazze vanno in paradiso le cattive dappertutto” e io ne son sempre più convinta.

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Dal 1996 sono Infermiera e già dai primi anni di lavoro mi sono accorta che la parte che amavo coltivare del lavoro era quella relazionale La mia curiosità mi ha spinta verso lo studio di modi differenti e integrati del prendersi cura delle persone e il mio incontro con la Dott.ssa Balconi Loredana e il Dott. Alessandro Quadernucci e la loro Accademia del NEI(Integrazione Neuroemozionale) prima, e poi con la Dott.ssa Milena Screm e il suo modello di Breathwork e counseling a mediazione corporea  mi hanno permesso di dare forma e sostanza professionale a questa mia passione. Fra i mille corsi più o meno lunghi di mindfulness, gestione del dolore, comunicazione, master per conduzione di gruppi e gestione delle coppie in counseling ho incontrato la sessuologia che ho approfondito presso una delle più vecchie scuole di sessuologia, il CIS-Centro Italiano di Sessuologia., dove ho conseguito il titolo di Consulente sessuale dando struttura e sostegno a un ambito di cui mi occupavo da anni come professionista e come persona.