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Politica italiana: Draghi, draghetti & dragoni

Il Presidente Mattarella ha conferito l'incarico di formare il nuovo governo a Mario Draghi. Analizziamo la situazione politica.
Il Presidente Mattarella ha conferito l'incarico di formare il nuovo governo a Mario Draghi. Analizziamo la situazione politica.

Magari qualche amico si infurierà, ma io proprio non riesco a scandalizzarmi per l’incarico conferito dal Presidente Mattarella a Mario Draghi.

Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.

Carl Schmitt
draghi

Qualcuno ricorda il 2018?

Marzo 2018.

Il centrodestra vince le elezioni, sfiora il 40%, niente male.

Mattarella, cancellando un certo numero di articoli della Costituzione, non chiede alla coalizione vincente di andarsi a cercare la maggioranza in Parlamento, come recita la Carta costituzionale, ma butta la palla in tribuna e, alla fine, Salvini cosa fa?

Spariglia le carte, esce di fatto dalla coalizione che lo ha portato al successo, credendosi insostituibile, e si va a ficcare nelle maglie del governo con 5 Stelle.

Non solo: riesce anche a creare, di fatto, la carriera di un signor nessuno, Giuseppe Conte, diventato, poi, il Nemico assoluto.

Da questo momento in poi, caos esponenziale.

Conte 1, Conte 2, cambiati gli ordini degli addendi, stesso risultato: stallo.

Un “naufragio con spettatore” (Blumemberg).

La demagogia non regge all’urto della realtà: da Salvini a Grillo & C. non a caso alleati, in una prima fase, perché oggettivamente l’humus ideologico ha tratti comuni (senza per questo coincidere, naturalmente).

I 5 Stelle appartengono ad una concezione tribale della politica, mista ad un risentimento plebeo, non riflesso, senza consapevolezza strategica ed orientamento politico.

Oggi, con Draghi, sono oggettivamente finiti. Che riesca o non riesca a mettere in piedi un governo, Draghi ha già affossato in pentastellati.

La politica all’anno zero

Sono già nati i “draghetti”, i fan sfegatati dell’ex presidente della BCE. Ma anche questo è folclore, al pari del tribalismo settario di cui sopra.

La vera questione di fondo è la dissoluzione della politica.

Cacciari sintetizza plasticamente:

“Draghi, scelta perfetta, ma è la fine del ceto politico”. Aggiungo: di questo ceto politico. Scendendo giù per li rami, direi che si tratta della fine della Seconda Repubblica. Quindi, la situazione è la seguente: finisce un ceto politico e, di conseguenza, la politica, e contemporaneamente esala l’ultimo respiro la cosiddetta “seconda Repubblica”.

Sulla fine o “tramonto della politica” (Tronti), innanzitutto.

draghi

Un fenomeno che viene da lontano: anni Novanta.

Magistratura e finanza internazionale per dissolvere l’assetto storico della politica, fatta dai partiti storici. Da quel momento, tutto è cambiato. Resistenza “politica” in un’Italia arrabbiata, post-moderna e post-se stessa, nuovi soggetti politici, una cosiddetta “Seconda Repubblica”, un calando fino ai giorni nostri.

La reazione plebea, tribale e violenta, targata 5 Stelle, non poteva che trovare riparo nei palazzi, come nella storia è sempre accaduto: i “rivoluzionari” di ieri sono i “funzionari” di oggi.

Modeste personalità, incapaci di fare cose significative, incompetenti, contrariamente all’indicazione di Weber, la politica è “Beruf”, vocazione, mestiere, nel senso quasi medievale del termine, si va a bottega, si lavora sodo, si fa esperienza, si impara e, alla fine, si arriva. Non prima.

Uno non vale uno. Mai. L’egualitarismo straccione è contro la migliore filosofia della politica europea e occidentale, da Platone ai teorici delle élites, di cui ho già scritto.

In politica non si scherza, perché la politica è una faccenda drammatica e può diventare costume rovinoso, per molti, per tutti.

La retorica del “bene comune”, come dell’ “unità nazionale” non basta, occorre avere visione e saper guidare la nave, dal mozzo al primo ufficiale di bordo.

Se la politica lascia un vuoto desolante, arriva Draghi. Punto.

draghi

Ha ragione Bertinotti:

“La politica si è consumata. Un lungo percorso di cui abbiamo fatto finta di non accorgerci”.

La “terza Camera” è la Banca d’Italia, da Luigi Einaudi, nel dopoguerra, a Mario Draghi. Altro che tecnici.

I plebei arrabbiati, appartenenti alle immumerevoli tribù, segno di un Paese che non sa più cosa sia la Nazione e, per compenso reattivo, inneggia ad un non meglio definito “sovranismo”, la pensino come vogliono, ma i fatti sono, come insegnava Lenin, lettore di Hegel, testardi.

Draghi: la cartina di tornasole per i “dragoni”

I “draghetti” lasciano il tempo che trovano, folclore, ripeto.

I “dragoni”, la tribù dei risentiti, carichi di frustrazione, sono chiamati a guardare la realtà, il Drago, in faccia: Draghi è una cartina di tornasole, come ha lucidamente affermato Marcello Pera.

La domanda è rivolta ai politici: chi siete voi, oggi?

L’operazione Draghi, in ogni caso, è oggettivamente politica e Draghi non è un “tecnico”, in realtà, ma esercita da molti anni una vigorosa sovranità, nel mare magnum della complessità mondiale: Schmitt docet.

Stringiamo. Se non ce la fai a tener botta auto-riformandoti, arriva qualcuno che prende il tuo posto.

Croce parlava di competenze, non ci vuole becero moralismo, la politica è capacità di governo delle cose, della realtà, della complessità. Ridurre tutto a risentimento organizzato, slogan urlati, formule prive di sostanza reale (“uscire dall’euro: come?; “uscire dall’Europa”: come? e via farneticando), ammazza la politica e, con essa, l’orizzonte-speranza e l’orizzonte-responsabilità.

Possiamo ancora permettercelo?

P.S. (I): non sono mai stato un europeista “confessionale”, ma piuttosto un rigoroso critico dell’UE, non solo per le sue direttive legislative, ma anche, anzi, soprattutto, per la sua super-ideologia di fondo: mai fatto sconti al nuovo Leviatano super-statale. Ciò detto, sono parimenti stanco dei cialtroni di piccolo cabotaggio al comando, dell’ “uno uguale uno”, dei Rousseau “de noantri”, del “vaffa” come religione del nulla, e, quindi, ben venga Draghi a provocare brutalmente la politica, nella sua forma residuale, per quel che ancora vale. Chi ha più filo, tesserà. Il resto è veramente noia. Parola di un altro plebeo di genio, il Califfo, che, nel suo campo, di competenza ne aveva da vendere.

P.S. (II): sia chiaro, le elezioni non possono essere espunte dall’orizzonte del possibile, come se nulla fosse. A onor del vero, è questa la mia preferenza. Ma, in mancanza di questa chance, rimangono sul terreno tutti i nodi che ho tentato di richiamare in questo contributo.

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