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L’uomo-pene e l’educazione alla sessualità

In Danimarca hanno prodotto e trasmesso un cartone animato per bambini un po' controverso: John Dillermand, l'uomo-pene.
In Danimarca hanno prodotto e trasmesso un cartone animato per bambini un po' controverso: John Dillermand, l'uomo-pene.

In Danimarca hanno prodotto e già iniziato a trasmettere un cartone animato per bambini che ha suscitato una accesa discussione: John Dillermand, l’uomo-pene.

Il protagonista è un signore che ha un pene lunghissimo che a volte lo mette nei guai ma altre volte risolve situazioni difficili per lui o altri.

Ho guardato due puntate in danese…non ho capito nulla ma due cose le ho trovate carine.

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Prima di tutto fa davvero sorridere vedere quell’uomo dinoccolato che combina un sacco di guai.

In secondo luogo, visivamente non è per nulla volgare, solo insolito…non so il danese, scusate, per cui non do pareri sui dialoghi.

Detto questo, occupandomi di sessualità, entro un po’ nel dibattito specifico con tre considerazioni “contro” e tre pro.

C’è del marcio in Danimarca direbbe William Shakespeare

  • Il pene ha la forma di una freccia-corda, non sembra un pene.

Io credo che se fosse stato un naso avrebbe mantenuto la forma di naso e non credo che rappresentare i genitali così lontani dalla realtà sia molto educativo.

Sembra un po’ dire “il pene può essere rappresentato solo in forma simbolica perché non sta bene vederlo in quella reale”.

  • Porta molto l’attenzione sui genitali cosa che a me non piace perché appartengo a quella corrente di consulenti sessuali che tenta di destrutturare l’automatica associazione sessualità = genitalità.

La sessualità è molto ma molto di più dell’atto sessuale e dei genitali anche fisicamente parlando.

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  • Trovo un po’ rischioso passare un messaggio che contiene la possibilità di “non avere il controllo” sui propri genitali, specie sul proprio pene perché, se non accompagnato da riflessioni appropriate, può avvallare una certa cultura per cui gli istinti sessuali possono esulare dalla nostra responsabilità.

Insomma, penso che se male interpretato possa avvallare in qualche modo la cultura dell’abuso e dello stupro e una certa mascolinità tossica.

Eppure, è “solo” un pene

Ma veniamo a tre considerazioni che mi fanno quasi desiderare di conoscere il danese.

  • Seppur con tutti i limiti detti al punto uno precedente mi pare veramente educativo nominare il pene come parte del corpo dell’essere umano.

I genitali umani sono coperti da tabù e se ne parla poco e in termini quasi esclusivamente sanitari.

Eppure, il pene, ma anche la vulva e la vagina, sono organi vivi e vitali assolutamente influenti sulla percezione identitaria, essenziali nel segnare le tappe di vita di una persona ed emotivamente coinvolgenti.

Per cui dare dignità al pene come compagno di vita per me è una cosa molto bella a cui vanno assolutamente educati gli esseri umani.

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  • Durante la pubertà il corpo cambia e questo ha un grosso impatto emotivo.

L’educazione corporea a mio avviso dovrebbe trovare un grande spazio nella educazione dei ragazzi e delle ragazze.

Le poche volte che lo fa, però, esclude i genitali e questo per me la dice lunga.

I genitali sono sicuramente una zona che ci insegna a rapportarci al piacere, dalla percezione alla gestione, e sono, con le loro modificazioni di forma, dimensione, odore, colore, una parte del corpo che richiama il cambiamento, le fasi di vita, i passaggi generazionali.

  • Se accompagnato da una rielaborazione questo cartone animato potrebbe aiutare tantissimi maschi a rielaborare l’immagine della mascolinità che attualmente propugnata e che per molti uomini è un peso.

Questo cartone potrebbe smontare l’associazione tra virilità e membro maschile, tra ruolo sociale e dimensione e potenza genitale, tra sessualità e genitalità.

Da che parte stare dunque?

Se c’è una cosa che la sessualità insegna è che non vi è una sola verità.

Se dovessi scegliere se trasmetterlo o meno io sceglierei la prima opzione con l’aggiunta di una avvertenza:

Questo cartone animato costringe gli adulti al confronto coi propri figli, non è un surrogato genitoriale”

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Dal 1996 sono Infermiera e già dai primi anni di lavoro mi sono accorta che la parte che amavo coltivare del lavoro era quella relazionale La mia curiosità mi ha spinta verso lo studio di modi differenti e integrati del prendersi cura delle persone e il mio incontro con la Dott.ssa Balconi Loredana e il Dott. Alessandro Quadernucci e la loro Accademia del NEI(Integrazione Neuroemozionale) prima, e poi con la Dott.ssa Milena Screm e il suo modello di Breathwork e counseling a mediazione corporea  mi hanno permesso di dare forma e sostanza professionale a questa mia passione. Fra i mille corsi più o meno lunghi di mindfulness, gestione del dolore, comunicazione, master per conduzione di gruppi e gestione delle coppie in counseling ho incontrato la sessuologia che ho approfondito presso una delle più vecchie scuole di sessuologia, il CIS-Centro Italiano di Sessuologia., dove ho conseguito il titolo di Consulente sessuale dando struttura e sostegno a un ambito di cui mi occupavo da anni come professionista e come persona.