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Lavoro – Abbracci per Infermieri

La Barilla “abbraccia” gli infermieri per il loro lavoro durante la pandemia dedicandogli la sua edizione speciale di biscotti.
La Barilla “abbraccia” gli infermieri per il loro lavoro durante la pandemia dedicandogli la sua edizione speciale di biscotti.

La Barilla “abbraccia” gli infermieri per il loro lavoro con la sua edizione speciale di biscotti.

Parte del ricavato andrà in un fondo FNOPI per sostenere professionisti e famigliari che necessitano di un sostegno in seguito all’assistenza prestata in pandemia.

lavoro

È una bella notizia, credo davvero che le aziende private debbano trovare il modo di partecipare al sostegno sociale.

Come infermiera credo che il sostegno, possiamo dire anche l’affetto, della popolazione permetta di iniettare un po’ di energia aggiuntiva necessaria per sostenere un lavoro cognitivamente, psichicamente e fisicamente duro anche in condizioni normali.

Nonostante ciò, come fu per il periodo in cui ci definivano “eroi”, io mi interrogo molto sul valore della parola professione. E professionista.

“Un professionista è uno che può fare il suo lavoro quando non si sente in vena di farlo. Un dilettante è uno che non può fare il suo lavoro quando si sente in vena di farlo.”

James Agate

Nel vocabolario Treccani on line si legge che un professionista è chi “esercita una professione intellettuale o liberale come attività economica primaria” ; inoltre, per professione si intende una “attività intellettuale o manuale esercitata in modo continuativo e a scopo di guadagno”.

Molte volte chi fa dell’aiuto al prossimo una professione viene visto nell’immaginario collettivo come un missionario o, appunto, un eroe.

Certo, concordo che a una professione sanitaria ci si approdi spesso spinti da un ideale, da un buon proposito e anche da buon cuore.

Ma un professionista per me è:

una persona che ha un Sapere che comporta studio e certificazione di esso,

un Saper Fare che comporta impegno ed esercizio,

e un Saper Essere che comporta un infinito lavoro su di sé a fini professionali e queste cose non sono optional ma obblighi.

E per questo ha:

  • delle specifiche aree di competenza, in genere scritte nero su bianco in un profilo professionale, e si assume una responsabilità morale, etica ma anche legale di ciò che fa o non fa;
  • il fine di guadagnare denaro per sé e la sua famiglia con ciò che fa.

Normalmente gli eroi, i volontari e i missionari non sono tenuti a un percorso nelle tre aree suddette così specifico e dettagliato, non hanno precise e specifiche competenze e limitazioni.

Di certo non sono pagati o comunque il loro fine non è il proprio sostentamento.

Non lo fanno per denaro ma per ”buon cuore”, per il piacere personale della condivisione, per l’appagamento del proprio senso del dovere o di giustizia o anche solo perché donarsi agli altri è bello.

“Un professionista è uno che si applica sempre, a prescindere da quello che prova.”

Cus D’Amato (George C. Scott), in Tyson, 1995

Io sono una professionista che ama profondamente ciò che fa.

Lo faccio con amore e passione e lavoro per denaro.

Mi assumo responsabilità, impegni e oneri che quantifico in ore lavoro o prestazioni.

La mia soddisfazione è data dal vedere le persone stare meglio ma anche da poter vivere dignitosamente col denaro frutto del mio impegno.

Quando faccio volontariato, e ne faccio parecchio, decido io quali competenze metto a disposizione, per quanto tempo, verso chi.

lavoro

Quando esercito la mia professione io sono obbligata a costruire le competenze che non ho, il tempo è un tempo concordato e che deve rispondere a parametri di efficacia precisi, e di certo non scelgo (o scelgo entro limiti molto stretti) a chi posso o non posso prestare il mio servizio.

Un professionista che fa il lavoro che ama, cioè che anche nella sua professione può seguire la sua Mission di vita, è fortunato e, secondo la mia esperienza, sarà anche un migliore professionista.

Ma è pur sempre un professionista.

Le tutele psicologiche, economiche e legali sono un suo diritto che non può essere lasciato a singole iniziative come quelle di Barilla ma dovrebbero essere insite nella tutela della professione, specie se è una professione ad altissimo valore sociale.

La fiducia e il rispetto da parte delle persone non dovrebbe esserci dopo atti eroici o eccezionali ma nella dedizione e competenza di tutti gli altri momenti.

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Anna Bernardi
Dal 1996 sono Infermiera e già dai primi anni di lavoro mi sono accorta che la parte che amavo coltivare del lavoro era quella relazionale La mia curiosità mi ha spinta verso lo studio di modi differenti e integrati del prendersi cura delle persone e il mio incontro con la Dott.ssa Balconi Loredana e il Dott. Alessandro Quadernucci e la loro Accademia del NEI(Integrazione Neuroemozionale) prima, e poi con la Dott.ssa Milena Screm e il suo modello di Breathwork e counseling a mediazione corporea  mi hanno permesso di dare forma e sostanza professionale a questa mia passione. Fra i mille corsi più o meno lunghi di mindfulness, gestione del dolore, comunicazione, master per conduzione di gruppi e gestione delle coppie in counseling ho incontrato la sessuologia che ho approfondito presso una delle più vecchie scuole di sessuologia, il CIS-Centro Italiano di Sessuologia., dove ho conseguito il titolo di Consulente sessuale dando struttura e sostegno a un ambito di cui mi occupavo da anni come professionista e come persona.