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Le élites, piaccia o non piaccia, fanno la differenza

Le élites sono i gruppi di potere riconosciuti dalla società. Ad esse appartengono i migliori o perlomeno quelli che vengono considerati i migliori, gli “ottimati” della società.
Le élites sono i gruppi di potere riconosciuti dalla società. Ad esse appartengono i migliori o perlomeno quelli che vengono considerati i migliori, gli “ottimati” della società.

Una vecchia e solida teoria politica dice che una società senza élites è destinata, presto o tardi, a crollare.

Una teoria delle élites è sempre, in qualche modo, una teoria della decadenza o dello sviluppo delle società umane.

Gruppi di potere

Le élites sono i gruppi di potere riconosciuti dalla società.

Ad esse appartengono i migliori o perlomeno quelli che vengono considerati i migliori, gli “ottimati” della società.

Platone, lungi dall’essere l’antenato di Hitler e Stalin, come Popper ha impropriamente affermato e scritto in un saggio fin troppo noto, aveva capito tutto: i filosofi-re sono le élites e la giustizia è la risposta dell’uomo che, sapendo cosa fare e dove stare, va fino in fondo, contribuendo da par suo al bene comune. 

Ma questa visione è la bestia nera degli egualitaristi di ogni ordine e grado: tutti siamo uguali, uno vale uno.

Lenin ha tentato di truffare il mondo con il motto (in cui egli stesso non credeva): il governo dei Soviet, perfetto e totalmente efficiente, poteva essere presieduto anche da una cuoca.

Le uniche élites da accettare, in questo caso, sono quelle rivoluzionarie, le stesse che favoleggiano della cuoca al potere. 

Invece, la storia, con le sue regolarità, e la sociologia politica, con lo studio della struttura sociale delle società umane, hanno largamente dimostrato che non c’è mai stata alcuna comunità umana accettabilmente governata in assenza di élites.

Quando le élites vengono censurate, attaccate, condannate, l’esito storico è sempre scontato: la decadenza.

élites

La scuola serve a costruire le nuove élites.

Non serve a tenere botta agli esami o a cercare uno straccio di lavoro per sfangare la vita.

No, serve a diventare più grandi delle proprie origini o, qualora le origini siano già significative, a far di queste ultime il volano dello sviluppo della società alla quale si appartiene.

La schiera di  qualificati “elitisti”, Mosca, Pareto e Michels (senza trascurare Antonio Gramsci, con una posizione alternativa rispetto al credo leninista), ci insegna che non solo non siamo tutti uguali, ma che non dobbiamo esserlo, per il bene della comunità.

Infelice è l’uomo che sta al posto che non gli compete ed infelice quella comunità che deve sopportare questa ingiustizia.

C’è una profezia che si autoavvera, nella storia, un’altra regolarità: ogni volta che gruppi organizzati reclamano il nefasto principio “uno vale uno”, il crack è dietro l’angolo.

Dopodiché, sempre la storia si incaricherà di riparare le brecce e i muri cadenti. Grazie alle (nuove) élites.

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