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La violenza sulle donne non ha scusanti!

Il tema della violenza sulle donne è in queste settimane al centro dei fatti di cronaca a causa del cosiddetto caso Genovese.
Il tema della violenza sulle donne è in queste settimane al centro dei fatti di cronaca a causa del cosiddetto caso Genovese.

Il tema della violenza sulle donne è in queste ultime settimane al centro dei fatti di cronaca a causa del cosiddetto caso Genovese.

Questi i fatti: una ragazza di 18 anni sarebbe stata (il condizionale è d’obbligo), contro la sua volontà, drogata, segregata, violentata. Per 24 ore. Legata ad un letto, stordita, violentata più volte e forse da più persone.  I fatti avvenivano nella ormai drammaticamente nota “Terrazza sentimento”.

Di tutto ciò è accusato Alberto Genovese, imprenditore di 43 anni, ovviamente la magistratura farà il suo corso.

violenza

Le accuse preventive non sono mai in linea con una democrazia compiuta, e le gogne mediatiche non solo non aiutano le indagini ma ledono principi costituzionali ed il diritto inviolabile alla migliore difesa possibile, qualunque sia il capo d’accusa, e se ciò decade, decade l’intero impianto giuridico e democratico di un Paese. 

Il chiacchiericcio da bar e da taluni salotti televisivi del “Buttate le chiavi” è nemico di ogni principio democratico, ed oserei dire intellettivo. 

Ciò però non può  non tener conto dei diritti della vittima, o della presunta tale.

Una democrazia tutela ambo le parti; è per questo che si fanno i processi. 

Le opinioni sono più o meno tutte accettabili, se tengono conto di tali principi.

L’ignobile “arte” di minimizzare la violenza

Un certo giornalismo italico sembrerebbe aver dimenticato il rispetto dovuto ad una donna probabilmente vittima di stupro. 

Un certo giornalismo è sempre dimentico dei diritti della vittima quando il reato ascritto o contestato è quello di violenza sessuale.

E così un, se pur presunto (i gradi di giudizio in Italia sono tre), reato di stupro (atto ignobile) diviene attraverso le parole del direttore Vittorio Feltri una quasi gag da commedia erotica all’italiana.

Feltri dice che se la ragazza ha accettato di andare al festino e se, ancora, ha accettato di entrare nella sua camera da letto doveva sapere che poi si dovevano calare le mutandine.

Ed ancora “ la ragazza è ingenua”, “i cocainomani vanno evitati”“una tiratina d’orecchie ai genitori” per poi scivolare, come se ciò non bastasse, nella commedia sexy:

“Dicono che Genovese sia andato avanti tutta la notte a violentare una ragazzina di diciotto anni, la quale pare fosse la terza volta che si recava nell’abitazione dell’ “eroe” del “menga” …. Come si fa a darci dentro per tante ore. Io, anche quando ero un ragazzo, dopo il primo coito fumavo una sigaretta …”.

Non pago di ciò aggiunge:

“ Personalmente ho constatato che si fa fatica a farsi una che te la dà volentieri, figuratevi una che non ci sta”. 

Tutto ciò ha un nome: cultura dello stupro.

Perché prima di chiedere pene maggiori, e forse anche non proprio in linea con la lezione di Cesare Beccaria, dovremmo interrogarci, e non solo il 25 Novembre, sul ruolo della donna. 

Le parole di Feltri non sono niente altro che il classico se l’è cercata, così popolare in taluni ambienti.

Era lei che doveva non essere a quella festa, non lui che non doveva stuprare.

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Ammettendo anche che non sappiamo se sia realmente avvenuto uno stupro non si può accusare la vittima o presunta vittima. 

La verità è che quando si parla di stupro la vittima sale sempre sul banco degli imputati, anche quando lo stupro è certo, e chi l’ha commesso viene condannato, la colpa è sempre un po’ anche di lei.

“Ma come eri vestita?”

“Che ci facevi a quell’ora in giro per strada o a quella festa?”

“Avevi bevuto e/o assunto droghe?”

Non ci sono alibi per uno stupro.

Non c’è concorso di colpa.

I vestiti non c’entrano niente.

Le donne saranno pur libere di uscire di casa a qualunque ora del giorno o della notte.

L’assunzione di alcool o droghe non legittima lo stupratore, è anzi un aggravante perché non c’è il pieno consenso.

Seguire un uomo in una camera da letto non significa aver firmato un contratto non scindibile: si può anche cambiare idea. 

Anche l’essere pagata, farlo per mestiere, non giustifica in alcun modo uno stupro. 

E’ questo che dovremmo urlare tutte e tutti a gran voce, non solo il 25 Novembre.

La violenza è violenza

E non può esservi alcuna giustificazione o colpevolizzazione della vittima.

Tutto il resto rievoca anni che evidentemente non sono così lontani: il delitto d’onore, lo stupro come “offesa alla morale”, il matrimonio riparatore, sarebbe ora di lasciarci realmente tutto questo alle spalle.

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