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Covid: e adesso?

Adesso che il COVID 19 ci ha colpiti duramente un altro mondo sarà possibile? Perché il COVID ci ha colpiti duro nei due punti più importanti della nostra vita: il rapporto con gli altri e il nostro sistema economico.
Adesso che il COVID 19 ci ha colpiti duramente un altro mondo sarà possibile? Perché il COVID ci ha colpiti duro nei due punti più importanti della nostra vita: il rapporto con gli altri e il nostro sistema economico.

Adesso che il COVID 19 ci ha colpiti duramente un altro mondo sarà possibile?

Il COVID ci ha colpiti duro nei due punti più importanti della nostra vita: il rapporto con gli altri e il nostro sistema economico.

Il rapporto con gli altri

Il primo è legato al bisogno biologico, ancestrale, fondamentale del nostro essere umani, di vedere gli altri, di ascoltarli, di annusarli, di toccarli.

Questo, ci è impedito: dobbiamo mettere una maschera per proteggere noi e gli altri e questo ci impedisce di esprimerci con il viso e condividere le nostre emozioni.

Dobbiamo evitare di toccare, accarezzare, abbracciare e questo contrasta il nostro bisogno viscerale di sentire la presenza dell’altro e il suo calore; sentirlo vicino e fargli capire che siamo felici di lui e con lui, fargli sapere che siamo dalla sua parte o che siamo in lotta con lui, o che soffriamo con lui.

Molta della nostra vita sociale è basata sull’incontro, sulla condivisione di spazi e momenti; siamo abituati ad avere accanto qualcuno, ci fa sentire al sicuro, ci fa sentire parte, ci permette di utilizzare gli altri per raggiungere i nostri progetti e farci utilizzare per facilitare i loro.

covid

Il Covid ha creato una realtà “innaturale”

Questa impossibilità è qualcosa di nuovo e di scioccante.
Siamo contenti, a volte, di chiudere la porta e di lasciare tutto il mondo fuori. Sappiamo anche però che il mondo continua ad esserci, che basta riaprire la porta ed eccolo lì, pronto per noi.

Ma adesso, non è così: per comunicare liberamente e totalmente, possiamo usare solo delle maschere; mostrarci da lontano o mostrarci come degli avatar di noi stessi in un quadratino di schermo dal busto in sù.

E non è la stessa cosa, specialmente quando siamo degli avatar che fanno presenza in un incontro o in una chat.

Dentro di noi, nella nostra fantasia, ognuno di questi incontri è solo una parte dell’approccio che, se desideriamo, possiamo avere: ti/vi vedo e ti/vi sento nel mio smartphone e nel mio computer.

Ma so che non è tutto lì.

vita pre covid

Se ne avremo il desiderio, potremo tornare viso a viso, toccarci, odorarci, sentire il calore e gli umori del corpo l’un dell’altro.

Perché come ogni animale, noi entriamo in comunicazione con tutti i nostri sensi, sempre; questo è così connaturato in noi che per brevi periodi ed occasioni possiamo anche aver contatti a distanza.

Il nostro cervello completa i bip dell’immagine con la sensazione degli altri sensi. Ma è un escamotage cerebrale che può sostituire per brevi momenti la realtà e la presenza fisica dell’altro.

Questa distanza non è naturale per noi e stiamo aspettando che tutto finisca, che ci si possa togliere finalmente la maschera e tornare alla nostra normalità.

Ma se non fosse possibile? Se il Covid restasse tra noi per un anno ancora, per dieci anni ancora, cosa succederà? Cosa faremo?

Il sistema economico

Il secondo punto, è lo stravolgimento del nostro sistema economico.

La nostra società è basata su un sistema di produzione di prodotti sempre nuovi, sempre indispensabili, da costruire, vendere, usare, usurare e sostituire velocemente.

Tutta la nostra società è fondata su questo obiettivo: costruire, vendere e consumare.

Per fare questo abbiamo costruito fabbriche che si riempiono di lavoratori, città sempre più estese in cui questi lavoratori possano stare.

Abbiamo costruito mezzi di trasporto che li facciano muovere e andare anche fino all’altro capo del mondo, negozi dove possano comprare e locali dove possano condividere eventi sportivi, culturali e di svago.

Tutto questo, con un unico presupposto: farlo tutti insieme, gomito a gomito.

Questo, non è più così, non possiamo più usare quegli spazi per svolgere il compito per cui sono stati ideati e costruiti.

La gente, volente o nolente, compra e si muove di meno, i negozi vendono di meno e chiudono, le fabbriche producono di meno e licenziano e la gente potrà comprare ancora di meno, girare ancora di meno, vivere ancora di meno.

E tutti, industriali, commercianti e consumatori, stanno aspettando che tutto finisca e che si torni presto al mondo come era, prima del Covid.

Ma se non sarà più possibile? Se il covid resterà tra noi per un altro anno? Per altri dieci anni? Cosa faremo?

E dopo il Covid?

Può esserci un mondo diverso da quello che abbiamo costruito?

In realtà, le cose, per quanto riguarda l’aspetto dell’economia, stanno già cambiando; la costrizione a rispettare le distanze di sicurezza nei luoghi di produzione ha già portato ad un rallentamento della produzione delle merci in un gioco di domino in cui, se una lettera cade, tutte le altre cadono.

Ma non solo, anche nel consumo le cose stanno cambiando: costringono a rivedere il senso stesso di ciò che è indispensabile.

Per esempio, c’è stato un crollo nelle vendite dei rossetti (per forza! Se hai la mascherina, che ti serve avere le labbra rosse?).

Anche l’abbigliamento è in crisi (se devo stare in casa a lavorare, e chiudono anche i locali, che mi interessa comprare un vestito alla moda? Tanto vale che mi metto in tuta).

E poi, da decenni sempre più persone stanno pensando ad un mondo diverso, più ecologico, più umano; il Covid, nella sua drammaticità, sta solo accelerando un processo che comunque arriverà ad un punto di svolta inevitabile.

Il problema maggiore, in definitiva, non è neanche più come modificare questo modello produttivo, quale alternativa dare ad un capitalismo centrato esclusivamente su un aumento costante e continuo della produzione e del profitto.

mondo post covid

Che fare ora?

Se le cose continueranno così, questo sistema è destinato a crollare.

Se non si può più produrre in quella quantità, se non si può consumare in quella quantità, le fabbriche chiuderanno, i negozi chiuderanno, gli industriali perderanno milioni di dollari e di euro e non sarà lavorare da casa che ci salverà.

Uno smartphone, non lo puoi fare in smartwork, e nemmeno un aereo o un televisore. Qualcosa succederà e non sarà una festa: ci saranno milioni di persone sul lastrico, rabbia, dolore e violenze e qualcuno dovrà trovare una soluzione.

La vera sfida, quello che veramente ci metterà a confronto con la nostra capacità di evolvere, non sarà la modificazione del nostro sistema di vita oppure in che modo riusciremo ad avere ciò che è importante per vivere.

Vivere o sopravvivere?

La vera sfida sarà come gestire i nostri umani bisogni animali, come sopperire alla limitazione del contatto, alla lontananza fisica dei nostri cari, dei nostri amici, della nostra comunità.

Come vivremo questa difficoltà condizionerà il nostro modo di vivere, modificherà in modo sostanziale il nostro essere Homo Sapiens.

Non siamo adatti a stare a distanza, lo abbiamo visto nell’ostinazione incosciente dei nostri ragazzi che, pur sapendo del pericolo, vogliono continuare a parlare tra loro, a flirtare, a ballare, a sudare vicini vicini.

Non siamo fatti per isolarci nello smartwork, non siamo fatti per stare chiusi in casa a guardare il mondo da un binocolo o da uno schermo; la sindrome di Hikikomori non è un modo sano di esistere: è una malattia.

Qualcuno a delle idee?

Alessandro Quadernucci