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giuseppe conte
giuseppe conte

Una pandemia di DPCM

Un fiume di carte, ogni notte rischiano di modificare la nostra fragile quotidianità. Un fiume di carte che sicuramente hanno senso per chi le ha scritte, ma per noi sono l’ennesima, piccola parte di esistenza alla quale dobbiamo rinunciare.
Un fiume di carte, ogni notte rischiano di modificare la nostra fragile quotidianità. Un fiume di carte che sicuramente hanno senso per chi le ha scritte, ma per noi sono l’ennesima, piccola parte di esistenza alla quale dobbiamo rinunciare.

Una pandemia di carte

Un fiume di carte, ogni notte rischiano di modificare la nostra fragile quotidianità. Esattamente come la pandemia

sicuramente queste carte, hanno senso per chi le ha scritte, ma per noi sono l’ennesima, piccola parte di esistenza alla quale dobbiamo rinunciare.

Come redazione comprendiamo quale sia l’intento dietro il fiume di DPCM che affollano le nostre notti, l’intento è quello di arginare un fiume in piena; che rischia di sfondare gli argini e riversarsi nelle città.

Questo fiume porta con sé morte sociale e distruzione economica e, da quasi un anno, sta modificando radicalmente la nostra vita.

Come redazione comprendiamo che sia fondamentale, davanti a persone che deliberatamente scelgono di non seguire le norme sanitarie, creare delle regole per la tutela di tutti noi. 

E sempre come redazione crediamo anche che il ruolo dello stato sia quello di educare i cittadini; ma per educare qualcuno non lo si mette in “punizione”. Al contrario, ci si siede vicino a lui e si cerca di fargli capire come fare le cose. 

Conte firma il DPCM

Educare o obbligare?

Lo stato in questo momento sembra una maestra delle elementari che davanti ad un gruppo di bambini scalmanati che distruggono la classe e pitturano sui muri, li prende uno ad uno e li mette a sedere sulla sedia “zitti e muti” fino a che non arriva l’ora di tornare a casa. 

Il problema di questa modalità è che l’indomani i bambini saranno ancora più scalmanati e refrattari alle regole.

La maestra DEVE trovare altre modalità per gestire i bambini, modalità che siano funzionali ed evolutive. Per fare ciò la prima cosa sarebbe quella di sedersi ed ascoltare, cercare modi diversi per far comprendere le regole ed i rischi a non seguirle ed INSIEME a loro creare modalità di comportamento. 

Il ruolo dello stato in questo momento non dovrebbe essere quello di tenerci dentro casa per paura. 

Lo Stato dovrebbe renderci partecipi di un modo per sconfiggere questa pandemia.

Lo Stato dovrebbe trovare nuove modalità per far comprendere a tutti noi che è folle girare senza mascherina o andare a ballare. Ma è altrettanto folle credere di fermare tutto questo facendo la voce grossa e multe inutili. 

Sono morte troppe persone e, purtroppo, ne moriranno ancora per colpa di questa pandemia e di tutti quelli che non fanno nulla per evitare che si propaghi. Ma quando il fiume rischia di rompere gli argini c’è bisogno di tutte le persone possibili al lavoro per evitare il disastro. 

SEI ha una convinzione, crede che le persone siano intelligenti, e forse sarebbe il caso che anche il nostro stato cominciasse a fare lo stesso.

Ci chiediamo se, per colpa di persone che negano l’evidenza data dal virus e che prendono sottogamba le misure necessarie ad evitare di trovarci, tra non molto tempo tutti dentro delle bare, queste misure siano DAVVERO quelle corrette.

Lo Stato deve intervenire quando le persone non riescono ad autoregolarsi e non mettiamo in discussione la necessità di creare dei protocolli di contenimento del virus.

Lo stato deve intervenire quando le persone, volontariamente rifiutano di partecipare alla salute collettiva, con comportamenti poco intelligenti

Una pandemia di contraddizioni

Ma nel fiume di DPCM che affollano le nostre notti evidentemente qualcosa è andato storto.
Lo Stato, infatti, sta facendo qualcosa che limita le nostre libertà, e che hanno poco a che vedere con il fermare questa pandemia

Fateci capire, mille sconosciuti dentro uno stadio ok, mentre 7 amici in una casa no?
Ventidue ragazzi in un campetto di periferia no, mentre ventidue miliardari in un campo delle stesse dimensioni ok?
Un gruppo di ragazzi davanti ad un bar no, ma lo stesso gruppo di ragazzi in giro per le strade va bene?

Queste sono contraddizioni così palesi che rischiano di vanificare tutti gli sforzi fatti nel cercare di educare una popolazione, che finora non ha recepito bene la gravità della situazione.

Davanti alla preoccupante risalita dei dati lo stato dovrebbe fermarsi e chiedersi dove la sua comunicazione non è abbastanza chiara. Sì, perché se qualcuno non capisce cosa stai dicendo non è suo il problema ma della tua comunicazione.

Altrimenti siamo destinati a passare notti insonni nel terrore di scoprire che il prossimo DPCM ci negherà qualcosa di più importante della possibilità di andare a bere o a urlare dentro uno stadio.

pandemia nel pallone

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Michele Quadernucci
Laureato in Sviluppo economico, Cooperazione internazionale e Gestione dei conflitti presso l’Università degli Studi di Firenze, ha ampliato le sue competenze con un diploma triennale di Counseling psicosomatico ad indirizzo comunicativo, olistico, integrato. Ha proseguito le sue formazioni nel campo della formazione e del benessere ottenendo l’Internazional NLP Coaching Certification di Grinder, Bostic e Frausin e diventando formatore nell’uso delle LifeSkills. Lavora per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nel contesto educativo e formativo, usando la gestione dello stress e delle emozioni come base per una didattica innovativa; negli anni ha sviluppato modelli di lavoro sulle emozioni e sulla didattica legati alle LifeSkills e all’intelligenza emotiva, che permettono di ottenere risultati eccellenti, ecologici e ripetibili.