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Il ciuccio digitale

Perché i social influenzano così tanto le nostre giornate? La risposta sta in un meccanismo innato che ci fa sentire come i bambini ma con un ciuccio...digitale.
Perché i social influenzano così tanto le nostre giornate? La risposta sta in un meccanismo innato che ci fa sentire come i bambini ma con un ciuccio...digitale.

Il caso “The Social Dilemma”

Il ciuccio è una “funzione non nutritiva”, cioè ha la funzione di calmare il bambino attraverso la stimolazione del ricordo di appagamento provato durante l’allattamento. Questa stimolazione è così potente che riesce a far rallentare il battito cardiaco del neonato provocando uno stato di calma.

Quando cresciamo smettiamo di usare il ciuccio o almeno questo è quello che crediamo.
Il ciuccio fa leva su un sistema psico-biologico che possiamo ricreare con altri surrogati.
Pensate alla coperta di Linus per combattere la paura. Pensate alle gomme per la nicotina per smettere di fumare. E pensate ai social per smettere di sentirci soli e incompresi.

L’uscita del docu film di Netflix “The social dilemma” ha aperto il vaso di Pandora sul meccanismo volontariamente assuefativo dei social. Non dice nulla di nuovo o di non conosciuto: quello che lo rende un ottimo documentario da vedere è che a parlare sono proprio persone che hanno contribuito a creare i meccanismi subdoli su cui si fondano i social.

Guardatelo, fatevi un idea di quello che avete visto, e poi, se avrete la mia stessa reazione, trovate tutti i modi possibili per parlarne. Ho visto tanti documentari che parlano dei pericoli e dei meccanismi dei social, ma nessuno, a mio avviso, riesce ad essere così esplicativo e funzionale, comprenderne le strutture portanti e le intenzioni di funzionamento.

social dilemma ciuccio digital
Il docu-film The social dilemma

Compensiamo con il ciuccio

Il concetto principale che mi ha colpito e che ha iniziato a scavare nella mia mente (ed il motivo per cui ho deciso di scrivere questo articolo) è il meccanismo psicologico della ricompensa. Su questo meccanismo si basano i social: un moderno ciuccio cibernetico creato apposta per tenerci incollati in un mondo virtuale.

Il funzionamento dei social funziona esattamente come il meccanismo dietro alle slot machine. Quando tiriamo la leva, infatti, inizia nel nostro cervello il rilascio di dopamina che è collegato alla predizione interna su un’ipotetica vittoria. Ancor più importante è che, a prescindere dal risultato, il nostro cervello produrrà dopamina, che ci farà stare bene e sentire appagati. E soprattutto che ci “chiederà” di produrne altra.

Possiamo quindi dire che i social media sono una droga, perché il nostro imperativo biologico primario è quello di connetterci con gli altri. Questo influisce direttamente sul rilascio di dopamina nel sistema di ricompensa. 

Sono serviti migliaia di anni di evoluzione per la costruzione del meccanismo che ci spinge a raggrupparsi tra simili, condividere la nostra vita con altri esseri umani. Sicuramente i social media sono dei veicoli molto potenti che assolvono a questa richiesta di condivisione e comunità.

Questa assuefazione ai social lentamente ci ingloba e passiamo sempre più tempo incollati ad uno schermo. Il dramma inizia quando quello schermo lo spegniamo: sentendo la mancanza di dopamina, il cervello invia segnali per la sua produzione. Segnali che assolviamo solo quando riaccendiamo i nostri social. 

I social sono dei ciucci digitali che hanno la funzione di farci star bene come esseri umani, perché ci illudono di essere parte di una comunità per la quale siamo importanti.

Siamo diventati i cani di Pavlov, che al primo suono o vibrazione del cellulare scattiamo subito sull’attenti. La nostra attenzione in quel momento è focalizzata solo sullo scoprire cosa sia successo di così importante, rimanendo interiormente delusi quando scopriamo che si tratta di una notifica che non ci riguarda.

Ma che possiamo fare? Come possiamo aiutarci ad uscire da questa dipendenza?

Come possiamo usare i social in un modo etico e funzionale senza diventarne schiavi?

Il primo passo è sicuramente rendersi conto di questo meccanismo.
Comprendere quanto tempo passiamo davvero incollati allo schermo.
Chiedersi se siamo quello che siamo: vogliamo essere così o così ci vogliono gli altri?

Il secondo passo è quello di trovare modi diversi e funzionali per usare la tecnologia ed i social.
In questo momento storico la vita sociale e relazionale dei nostri bambini ed adolescenti si svolge principalmente sui social. Dire “basta, non li uso più” da un momento all’altro non è una soluzione funzionale perché questo provocherebbe una mancanza repentina di dopamina che farebbe stare male mentalmente e fisicamente.

Quello che dobbiamo fare è usare la nostra intelligenza emotiva. Come?

Costruiamo dei momenti “social free” dove le esperienze fatte permettano di soddisfare la mancanza di dopamina data dal non utilizzo dei social.

Aggiungiamo dei momenti “social intelligence”, cioè dei momenti dove l’uso dei social sia mosso da un interesse reale nel contatto con gli altri. Dei momenti dove i social diventano un mezzo per collegarsi e per creare connessioni, progetti e amicizie.

E come dico sempre, i primi che devono fare dei cambiamenti siamo proprio noi adulti, perché come sappiamo bene, i nostri ragazzi copiano molti dei nostri comportamenti e sicuramente falliremmo se li obbligassimo a lasciare i social mentre noi non riusciamo a farlo.

Iniziamo ad usare i social per quello che dovrebbero essere, un potentissimo strumento di cambiamento, perché ora come mai prima i social sono il primo modo per conoscere altre persone. I social sono una bellissima dicotomia: da un lato vediamo una disinformazione dilagante che sembra regnare sovrana, poi guardando meglio e ci accorgiamo che in pochissimi click possiamo scoprire magnifiche ed innovative scoperte e proposte di cambiamento.  

Rendere i social un posto migliore 

Come sempre dobbiamo, prima di tutto, essere bravi a comprendere quali siano le notizie vere da quelle false. Dobbiamo essere sempre critici su quello che vediamo e leggiamo perché il fantasma della disinformazione si aggira tra le strade dei social. Per combattere questo NOI  dobbiamo essere i primi che cambiano il sistema. La disinformazione si combatte attraverso una informazione corretta, quindi vi esorto a riempire le vostre bacheche di notizie vere, notizie stimolanti, teorie scientifiche comprovate e ipotesi progettuali.

Per far sì che i social smettano di essere un ciuccio al quale attaccarsi e diventino uno splendido abito da sera da usare in occasioni speciali, dobbiamo, prima di tutto, essere noi a riempire di contenuti di valore i nostri social. 

Se vogliamo che i nostri ragazzi non si facciamo fregare da notizie sensazionali, false, manipolatorie e pericolose, è nostro dovere dare a loro dei contenuti diversi, altrimenti continueranno a seguire le note faziose di pifferai digitali.

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Neonato telefono
Michele Quadernucci
Laureato in Sviluppo economico, Cooperazione internazionale e Gestione dei conflitti presso l’Università degli Studi di Firenze, ha ampliato le sue competenze con un diploma triennale di Counseling psicosomatico ad indirizzo comunicativo, olistico, integrato. Ha proseguito le sue formazioni nel campo della formazione e del benessere ottenendo l’Internazional NLP Coaching Certification di Grinder, Bostic e Frausin e diventando formatore nell’uso delle LifeSkills. Lavora per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nel contesto educativo e formativo, usando la gestione dello stress e delle emozioni come base per una didattica innovativa; negli anni ha sviluppato modelli di lavoro sulle emozioni e sulla didattica legati alle LifeSkills e all’intelligenza emotiva, che permettono di ottenere risultati eccellenti, ecologici e ripetibili.