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the social dilemma
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Social Vs World

The social dilemma di Jeff Orlowski è uscito da poco sulla piattaforma Netflix e come era intuibile ha da subito suscitato molte polemiche che sono sfociate in conferenze stampa e accuse varie. Ecco la nostra recensione.
The social dilemma di Jeff Orlowski è uscito da poco sulla piattaforma Netflix e come era intuibile ha da subito suscitato molte polemiche che sono sfociate in conferenze stampa e accuse varie. Ecco la nostra recensione.

Ho guardato il documentario di Netflix “The social dilemma” e questa è la mia recensione.

the social dilemma
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The social dilemma di Jeff Orlowski è uscito da poco sulla piattaforma Netflix. Come era intuibile ha da subito suscitato molte polemiche che sono sfociate in conferenze stampa e accuse varie. 

Per prima cosa, per evitare di cadere nella retorica e per non essere accusato di essere di parte vi consiglio di guardarlo.

No davvero, guardate “The social dilemma”.

Perché a differenza di altri documentari di denuncia, la cosa che ho trovato più interessante è che a parlare, sono proprio persone che hanno attivamente aiutato a costruire il concetto e il funzionamento dei vari social.

Perché a differenza di altri documentari di denuncia, la cosa che ho trovato più interessante è che a parlare, sono proprio persone che hanno attivamente aiutato a costruire il concetto e il funzionamento dei vari social.

Io l’ho fatto, e vi posso assicurare che ne vale la pena.
Un’unica precisazione: come un film dell’orrore, se non volete passare la notte a rigirarvi nel letto vi sconsiglio di vederlo dopo i pasti o prima di andare a dormire.

Algoritmi all’attacco

algoritmo

Senza voler spoilerare la trama vi posso dire che tutto il documentario è basato sul concetto degli algoritmi di funzionamento dei vari social e di come questi algoritmi possono essere usati.
Secondo le accuse dei relatori, gli algoritmi hanno uno scopo ben preciso: indirizzare il pensiero dei milioni di utenti che ogni giorno passano parte della loro vita attaccati allo schermo.

Essendosi sentito tirato in causa da accuse pesanti, il creatore di Facebook, Mark Zuckerberg, ha tenuto una lunga intervista cercando di rispondere punto su punto alle accuse indirette rivolte al suo social. Ho letto anche quell’intervista e mi sono rimasti più dubbi di prima, ma ancora una volta vi esorto a leggere e decidere con la vostra testa dove sia il confine tra verità e bugia.

Da piazza virtuale a mezzo di informazione

Come nell’articolo che ho scritto sul “muro di bugie”, anche oggi mi trovo a scrivere su un tema a me molto caro: la capacità delle persone di usare il proprio senso critico senza farsi ingoiare da un mondo di fake news e condizionamenti sottili ed invisibili.

Quando nacquero, i primi social avevano la funzione di connettere persone fisicamente lontane, permettere a queste persone di scambiarsi informazioni e di condividere con gli altri la propria quotidianità. 

La genialità dei social fu quella di semplificare e ridurre i tempi delle famose telefonate agli amici.
Ci permise di ritrovare amici lontani che erano anni che non vedevamo e ci ha permesso di conoscere molte altre persone che condividevano con noi passioni o amicizie.

Più i social si sono evoluti, più sono diventati parte integrante della nostra vita.

I social sono diventati una piazza virtuale nella quale condividere con altri sconosciuti le nostre passioni e i nostri punti di vista.

Contando poi che si tratta di cerchie molto ristrette abbiamo iniziato a trovare molte persone che avevano una visione della vita simile alla nostra, e questo ci ha fatto sentire meno soli.
Lentamente però, i social sono diventati uno dei nostri primi sistemi di informazione o di disinformazione.
Ci siamo anche resi conto che era molto più semplice e veloce scrivere un post, condividere un pensiero o ripubblicare un opinione piuttosto che leggere un giornale, ascoltare la radio e spendere ore ad informarsi in altri modi.

Questo ha aperto le porte a persone poco etiche che hanno fatto della disinformazione la loro professione.
Hanno scoperto che lanciare un sasso dentro un lago creava onde sempre più grosse e che molto rapidamente un’idea (per quanto non verificata, non vera o pericolosa) arrivava in tutti i luoghi del mondo, trovando persone che cercavano proprio quel gancio per supportare i loro dubbi.

piazza virtuale
piazza virtuale

Ma come possiamo sopravvivere in un mondo dove per trovare una notizia vera e confermata dobbiamo scavare sotto tonnellate di fake news? 

Il nostro magnifico cervello ci viene in aiuto anche in questo.
Una cosa che ci caratterizza dall’alba dei tempi è la costante ricerca di novità, la necessità ancestrale di trovare soluzioni a problemi e l’instancabile voglia di ottenere risposte e farsi domande.

Come un atleta che è stato fermo per un infortunio e ricomincia ad allenarsi possiamo ricominciare ad usare il nostro senso critico, per non fermarci alle prime informazioni che troviamo. Certo all’inizio questo sarà faticoso ma più alleniamo la nostra capacità di vedere oltre e cercare le fonti, più saremo in grado di non cadere preda dei tranelli che qualcuno costruisce usando i social.

Il pericolo maggiore che vedo è nei nostri ragazzi e bambini.

Se è vero che, prima dei social, avevamo una vita e quindi conosciamo un mondo che era basato su relazioni vere e su scambi di opinioni fatti guardandosi negli occhi, le generazioni nate nel periodo dei social non hanno questi riferimenti. 
Conoscono principalmente le modalità relazionali mediate da uno schermo.

È un compito arduo, ma possiamo farcela. Abbiamo il dovere, come adulti di aiutare i nostri ragazzi a crescere con la consapevolezza che una notizia, per essere vera deve essere verificata.

Abbiamo il dovere di insegnare ai nostri bambini che non tutto quello che leggono corrisponde alla realtà.

Inoltre, abbiamo il dovere di dare gli strumenti necessari a sviluppare il loro senso critico. Il senso critico è la chiave per renderli adulti coscienti dei loro mezzi, delle loro possibilità.
È la chiave per renderli capaci di pensare con la propria testa.

Però, per fare questo, dobbiamo prima di tutto essere noi in grado di farlo.
Dobbiamo essere capaci di non gridare davanti ad una notizia vista su un social senza prima verificare. Dobbiamo essere capaci di mettere in discussione quello che leggiamo e dobbiamo avere la forza di ribellarci quando vediamo passare centinaia di notizie false, provocatorie e potenzialmente pericolose.

Perché alla fine dei giochi quando una bugia viene ripetuta all’infinito purtroppo diventa una realtà e stiamo lentamente andando verso un mondo dove più saranno le persone che raccontano una fake news più questa diventerà la nostra quotidianità.

The social dilemma
Michele Quadernucci
Laureato in Sviluppo economico, Cooperazione internazionale e Gestione dei conflitti presso l’Università degli Studi di Firenze, ha ampliato le sue competenze con un diploma triennale di Counseling psicosomatico ad indirizzo comunicativo, olistico, integrato. Ha proseguito le sue formazioni nel campo della formazione e del benessere ottenendo l’Internazional NLP Coaching Certification di Grinder, Bostic e Frausin e diventando formatore nell’uso delle LifeSkills. Lavora per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva nel contesto educativo e formativo, usando la gestione dello stress e delle emozioni come base per una didattica innovativa; negli anni ha sviluppato modelli di lavoro sulle emozioni e sulla didattica legati alle LifeSkills e all’intelligenza emotiva, che permettono di ottenere risultati eccellenti, ecologici e ripetibili.